Torretta Paradiso e Monte Meta

Ovvero i boschi e le morbide praterie mentre si sale a Torretta Paradiso e la pietraia lunare del vallone della Meta


La più classica delle escursioni al monte Meta, con una piccola variante per formare una sorta di anello, val sempre e bene i tanti chilometri di viaggio in auto per arrivare ai Prati di Mezzo, quasi inevitabile punto di partenza per le escursione sulle Mainarde. Appunto dai Prati di Mezzo partiamo, il sentiero inizia accanto al ristorante del Baraccone, uno stretto passaggio sulle recinzioni conducono al sentiero che con un paio di svolte rapide e ripide si inoltra in venti minuti nel bosco e nelle radure della località che sulla carta 1:25000 delle Edizioni il Lupo, dei Monti Marsicani, Mainarde Valle del Giovenco e Monti della Meta, che usiamo per riferimento, prende il nome di Tabaccaro, l’ampio e placido prolungamento del Vallone del Meta. Quando entriamo nella valle del Tabaccaro si inizia a salire dolcemente tra radure e piccoli tratti boschivi dove in questa stagione è inevitabile incontrare mandrie al pascolo e gente intenta nella raccolta degli Orapi. Mandrie di mucche e soprattutto di cavalli ci costringono a frequenti cambi di direzione; un foltissimo gregge di capre ci costringe invece a tenere sostenuto il passo. Incredibile e sorprendente quanto veloce sia lo spostamento di un gregge di capre nonostante appaia così indolente il suo avanzare e diventa ancora di più ossessionante quando il gregge viene anticipato da uno nutrito gruppo di cani pastore che dire arrabbiati con noi è dire poco. Eravamo a monte di molte centinaia di metri, a tratti sentivamo solo i campanacci delle capre tanti erano i tratti di bosco tra noi e loro, eppure i cani con puntate veloci quanto subdole ci stavano sempre attaccati agli scarponi, minacciosi e con la “zanne” di fuori. Ma che cavolo volevano? Insomma, sapevo cosa potessero pretendere da noi, semplicemente eravamo degli intrusi, ma se pretendevano che il campo fosse libero, potevano anche fare il loro lavoro e far deviare il gregge, no? Poveri cani, in fondo si limitavano a fare il loro mestiere; quello che avrei preso a calci era il pastore che non si curava affatto del nervosismo dei suoi cani. Qualche urlaccio ben assestato ed il mulinare dei bastoncini è bastato comunque a dissuaderli e convincerli che non evevamo intenzioni malefiche per il gregge. Insomma, deviamo di fronte alle mandrie dei cavalli, acceleriamo di fronte ai canini dei maremmani, e non riusciamo a gustarci nemmeno la pace dei boschi e delle radure che attraversavamo; arriviamo quasi all’imbocco del vallone del Meta, intorno a quota 1550 metri, dove sulla sinistra si apre una radura erbosa in salita, dominata da sagome scheletriche di maestosi faggi demoliti dalle forze dei temporali. Risaliamo la radura, ora più ripida, seguendo flebili tracce tra l’erba alta, non si arriva fino in cima, si tende sulla destra verso il bosco e ben presto, proprio in prossimità di questo diventano evidenti le tracce di un sentiero; sulla carta non è riportato ma il calpestio denota una frequenza che meriterebbe l’ufficialità del percorso, mancano solo le bandierine bianco-rosse sugli alberi insomma. Il sentiero sale di traverso sul lato destro della valle delle Finestre, una valle boscosissima che sale verso Torretta Paradiso. Nei lunghi tratti iniziali è ben marcato, sale ripido, nemmeno ci accorgiamo e siamo fuori dal bosco, le praterie rocciose di Torretta Paradiso sono ormai a vista; finalmente dei campanacci delle capre e soprattutto dei rabbiosi cani non c’è suono. Nonostante la salita sia ripida ci infiliamo lentamente dentro la testa della valle, è meglio sollevarsi per uscirne e trovare pendenze più leggere, anche perché il sentiero non esiste più, si confonde con i gradoni naturali dei degradanti pratoni. Usciamo su una secondaria cresta erbosa, la linea di salita segue linee logiche tra i crinali che raggiungono le sommità e che sono ora il nostro orizzonte, ma mentre ci gustiamo una fresca brezza che ci sta portando sollievo veniamo raggiunti dal suono degli ormai purtroppo familiari campanacci. Da prima sembrano lontani poi salendo ancora un po’ ci rendiamo conto che è lo stesso gregge di prima, è solo cento metri sotto di noi, sulla valletta a fianco sale monotono, lento ma con moto perpetuo. Ma quanto c… camminano queste capre? Il pensiero ritorna ai cani che per fortuna ormai si sono abituati alla nostra presenza e non ci degnano di uno sguardo. Di traverso verso sinistra saliamo per raggiungere le gobbe sommitali di Torretta Paradiso, le capre dietro , sembrano seguirci. E ci seguono fin su, fin sulle poco pronunciate doline sulla cresta. Noi avanti e loro dietro, i cani per fortuna sono ora indolenti più delle capre. In cima al Torretta Paradiso mi porto fin sulle rocce dove inizia lo strapiombo della Val Canneto, mi piace sempre tornare su quel maestoso balcone su quel salto verticale di quasi mille metri. Bivacchiamo in vetta, tra le rocce e l’erba soffice, con il Meta e la cresta, vietata ai trekkers, fino al Tartaro lì davanti; con la lunga e ripida pettata fino alla sommità del Meta a ricordarci di che morte dovremo morire da li a poco. Quando ripartiamo per intercettare l’unico spiraglio per scendere dalla lunga ripida e rocciosa cresta del Torretta Paradiso risentiamo lo scampanellare del gregge, lontano e indistintamente portato dalle folate del vento; fatichiamo a vederlo in fondo alla valle che sfila verso le piane del Cavallaro. Incredibile quanti chilometri percorrono queste greggi, incredibile quanti chilometri e quanto dislivello e soprattutto tutti i giorni che Dio manda, percorrono i pastori!!! Altro che le nostre escursioni!!! L’importante comunque è che le strade nostre e dei cani a guardia del gregge si siano finalmente e definitivamente separate. Scendiamo a valle facilmente, non rimane che prendere la salita dello spigolo del Meta; pratoni ripidi prima e poi, dove finisce l’erba, ripidi acciottolati si dimostrano meno duri del previsto, in meno di un’ora siamo in vista delle croci di vetta sul Meta. C’è affollamento in vetta, come al solito il Meta è una montagna molto gettonata. Un po’ di confusione di troppo per i miei gusti a dire il vero, ci mettiamo discosti, tra le rocce a ripararci dal leggero ma fresco vento. Rimaniamo in vetta quasi un’oretta, al riparo dal vento il sole fa il suo dovere, il panorama è di prim’ordine e nulla spinge a muoversi in fretta. Attendo che la gita al Meta con tanto di genitori timorosi e bambini rumorosi alzi le tende per poter fare un po’ di foto dalla vetta; la cresta fino al Petroso a Nord (sospiro, sigh !) e tutte le Mainarde a Sud, la visibilità non è delle migliori ma c’è stato di peggio, approfitto per qualche panoramica da tenere in archivio. Verso mezzogiorno, nel giro di pochi minuti, da sotto la Metuccia iniziano a vorticare colonne verticali di nuvole; nel breve un po’ ovunque, verso est, le nuvole diventano compatte, non promettono nulla di buono; d’altra parte dopo la settimana temporalesca appena terminata c’è andata di lusso fino a questo momento. Con la Metuccia ormai immersa nelle nuvole decidiamo che non valeva la pena prolungare l’escursione fin là come da iniziali propositi; il Baraccone giù ai Prati di Mezzo e i tanti che abbiamo incontrato a raccogliere Orapi promettevano un momento godereccio con le “zampe” sotto al tavolo ed un buon compromesso per chiudere degnamente la giornata. Senza rimpianti prendiamo il sentiero che scende verso Passo dei Monaci e da lì ci infiliamo nella Valle del Meta, una valle che avevo fino ad oggi visto solo in condizioni invernali; incredibile come l’ambiente di questo vallone sia diverso da quello che abbiamo vissuto in salita. Di là, sulla valle delle Finestre , boschi rigogliosi e più in alto pratoni; di qua, nella valle del Meta, una pietraia arida ed incassata, meravigliosa nella sua primordiale conformazione, sembra di stare sulla luna. La valle scende contorta tra le tante elevazioni di questo tratto di Mainarde, nemmeno un albero a distogliere la monotona uniformità; fino al limitare del bosco, dove incrociamo di nuovo mandrie di cavalli e mucche che vengono spinte verso l’alto, verso pascoli più freschi, una vera e propria transumanza verticale. Il tratto di bosco fitto che attraversiamo è breve, termina dove all’andata abbiamo deviato per salire alla Torretta Paradiso. Da lì in meno di mezz’ora raggiungiamo i Prati di Mezzo, il Baraccone è quasi vuoto ma ci accoglie e non ci delude. Orecchiette con gli Orapi precedute da un antipasto di salumi e formaggi e a chiudere torte calde di mele e di ricotta al cioccolato. Tutti i salmi terminano in gloria, anche molte escursioni le facciamo terminare con un bell’inno alla gioia e al buon gusto; approfittare quando ce ne è l’opportunità non è peccato. Ah, dimenticavo, fare la deviazione in salita verso la Torretta Paradiso è davvero un bel modo per scoprire il territorio e diversificare l’escursione. La consiglio a quanti abbiano come “meta” , il Meta.